domenica 19 febbraio 2017

MARADONA GOOD, PELE' BETTER, GEORGE BEST



“Non è possibile spiegare cosa significhi segnare un gran gol a qualcuno che non ci sia mai riuscito. Qualche anno fa dissi che se mi avessero dato la possibilità di scegliere tra segnare un gol al Liverpool da ventisette metri, dopo aver saltato quattro uomini, e andare a letto con Miss Mondo, sarebbe stata una scelta difficile. Per fortuna, ho avuto entrambe le cose e soprattutto, una di queste cose l'ho ottenuta davanti a cinquantamila persone.”


Ecco, basta questa frase per descrivere chi è stato e chi sarà, nei ricordi di tutti noi, George Best, ”il miglior calciatore che il Regno Unito abbia mai prodotto” (parole di Tony Blair, ex primo ministro britannico).

La vita di George, come penso sappiate, è stata una vita complicata; in gran parte per scelte sue, ma anche per il luogo in cui è nato: l'Irlanda del Nord.  Nascere a BELFAST nel 1946 non è assolutamente cosa facile.

Apparteneva ad una famiglia PROTESTANTE; il padre faceva parte dell'Ordine di Orange,  una società segreta di presbiteriani dell'Ulster che organizzava la lotta contro i possidenti cattolici. Diciamo che il loro “lottare” spesso comprendeva anche omicidi e torture; insomma, non un ambiente sano in cui nascere.

Dopo essere stato scartato dal GLENTORAN, la squadra tifata dal nostro George, in quanto ritenuto “troppo piccolo e leggero”, all'età di 15 anni il suo talento fu notato dall'osservatore del MANCHESTER UNITED Bob Bishop.

Bob non credendo ai suoi occhi, mandò immediatamente un telegramma all’allenatore dello United di allora, che recitava: “Credo di averti trovato un genio”, e poco dopo lo stesso Bob imbarcò l’adolescente George sul primo aereo per Manchester per effettuare un provino, purtroppo però l’aria atlantica fredda e secca  di Belfast che ogni mattina spira dal faro del porto doveva piacere molto al nostro George, che in infatti solo due settimane dopo decise di tornare a casa.

Tornò poi a Manchester e passò due anni aggregato alle giovanili dello United come dilettante, lavorando part-time come fattorino nel porto; esordì all’età di 17 anni in una partita di FA CUP (segnando anche). Da quel giorno Matt Busby, l’allenatore del Manchester di allora, decise di lasciarlo in pianta stabile nel giro della prima squadra.

Penso che il resto della storia “calcistica” di George sia abbastanza famosa: tanti gol, tanti assist, tanta tecnica, tanta passione e poca professionalità; probabilmente se George fosse nato nei nostri giorni neanche sarebbe diventato la LEGGENDA che è, essendo il classico giocatore con la terza categoria in testa e il pallone d’oro nelle gambe.

Il pallone d’oro in effetti lo vinse, nel 1968, ancora giovanissimo; poteva essere l’inizio di tutto, ed invece fu proprio in quell’anno che George iniziò a perdere la sua battaglia personale contro i vizi, soprattutto contro il suo nemico maggiore, il più forte, forse l’unico difensore che non ha mai saltato in tutta la sua vita: L’ALCOL.

Però, come ho detto per Maradona, Best è da amare per quello che è stato, un pazzo, un folle che probabilmente amava più le DONNE o le AUTO che i successi calcistici; come disse una volta al più grande calciatore olandese della storia, dopo averlo saltato con incredibile facilità, “Tu sei il migliore, ma solo perché io non ho tempo!”, probabilmente fece tutto ciò con due ore di sonno alle spalle e un grado alcolemico imbarazzante.

Le gioie e le sbronze lasciano però spazio nel 2005 ad una amara verità: la cirrosi epatica è riuscita a batterlo; amo pensare però che senza il suo modo di fare, senza i suoi vizi ed eccessi oggi probabilmente sarebbe l’ennesimo ottimo giocare vincitore di un pallone d’oro, e non la leggenda che tutt’oggi riceve cori su cori dagli Stands dell'OLD TRAFFORD

…Amo anche pensare che il buon vecchio George li ascolti dall’alto con una sigaretta in bocca e un bicchiere di buon whisky nell’altra, ridendo sornione e ricordando i bei vecchi tempi passati.