sabato 25 novembre 2017

CASO FANESI, URGE GIUSTIZIA E VERITA’.


Tifosi della Samb chiedono giustizia per il loro compagno.
Luca Fanesi ha 44 anni, due figli e vive a San Benedetto del Tronto; domenica 5 novembre 2017 è a Vicenza, dove  la squadra locale e la Sambenedettese (squadra della città dell’uomo) si affrontano in una partita valevole per il Campionato di Serie C.

Finita la partita accadono molte cose, alcune chiare, altre meno; la cosa certa è che verso le 17 le tifoserie di Vicenza e Samb vengono a "contatto" e ad intervenire tra le fazioni arriva la Polizia, da quel momento in poi iniziano ad accadere cose tutt’oggi poco chiare.

Secondo la ricostruzione della Digos di Vicenza, Luca Fanesi avrebbe sbattuto due volte la testa contro un cancello, mentre stava tornando di corsa verso i furgoni della tifoseria marchigiana. Dopo il primo colpo, quindi, si sarebbe rialzato ma subito dopo avrebbe urtato una seconda volta contro lo stesso cancello. Mancherebbero, però, alcuni frammenti temporali dalle riprese delle telecamere di sorveglianza e della Scientifica, per cui dalla questura di Vicenza è partito un appello per far emergere testimonianze o filmati. Appello condiviso dalla famiglia di Luca Fanesi e dalla maggior parte del movimento ultras italiano ed europeo.

Secondo alcuni ultras inoltre ci sarebbero tre ragazzi di San Benedetto che avendo visto tutto sarebbero pronti a testimoniare; seguendo la loro versione un camioncino della Celere, con una decina di poliziotti a bordo, è intervenuto solo dopo che il contatto tra le due tifoserie era avvenuto senza fermare nessuno ma solo manganellando, intervenendo quindi senza nessuna utilità, in tutto ciò Luca è stato visto a fianco del mezzo e poi a terra. Affermano anche di aver visto una polizotta della Digos con una telecamera ma solo in un secondo momento, quando tutto era finito.

Intanto Luca è su un letto di un ospedale, ne parla così il fratello, Max Fanesi:

“Mio è sempre grave. Mercoledì scorso insieme al nostro legale abbiamo presentato una querela-denuncia contro ignoti perché la dinamica di ciò che ha portato Luca in queste condizioni non ci è chiara. Alla dottoressa del pronto soccorso ha infatti detto al suo arrivo di essere stato manganellato, ma allo stesso tempo la Questura dice che ha un filmato in cui si vede che è caduto. Se c’è una testimonianza del genere ben venga, perchè così saremo più certi su ciò che è accaduto. Ma la dinamica e le ferite riportate ci fanno nutrire grossi dubbi. Al momento si stanno svolgendo le indagini e lasciamole fare a chi di dovere. Per quanto riguarda le condizioni fisiche di mio fratello, è ancora in coma. Ci attacchiamo al suo minimo movimento, cercando di interpretarlo positivamente ma ancora non abbiamo notizie concordanti dai medici. Mi preme, comunque, sottolineare la solidarietà avuta dal mondo ultras. I ragazzi di Vicenza, sin dal primo giorno ci sono vicini ma poi presso la sala d’attesa della rianimazione dell’ ospedale di Vicenza altre tifoserie si sono presentate. Ieri, ad esempio, sono venuti alcuni rappresentanti del Verona e della Juventus”.

Occorre interrogarsi quanto prima su questa storia e rilanciare la necessità che i poliziotti italiani in servizio abbiano un numero identificativo che ne favorisca il riconoscimento in caso di problemi.

sabato 14 ottobre 2017

LIBRERIA DEL MEDIANO: I RIBELLI DEGLI STADI

AUTORE: Pierluigi Spagnolo
EDITORE: Odoya

Essere mediani nell'intricato mondo del pallone significa anche seguire (e vivere) il calcio nella maniera più popolare e “vera” che esista, spesso tutto ciò coincide con l'essere supertifoso, essere un ultras.
Per questo motivo vi consiglio di leggere il libro scritto da Pierluigi Spagnolo “I Ribelli degli Stadi”; un libro semplice, scorrevole e appassionante, in cui si spiega minuziosamente il mondo degli ultras italiani, dagli albori (anni 70'), fino ai giorni nostri.
Non si dimentica nessun tassello, dalla mentalità fino ai grandi disastri, ove molti giovani ragazzi hanno perso la vita; probabilmente un testo non adatto a tutti, ma sicuramente interessante per chi, come me, non si accontenta della versione semplicistica scandita come una preghiera dalla totalità della stampa italiana: “sono delinquenti”, ”non sono veri tifosi”, probabile, ma a mio avviso falso.
Mansione particolare va al paragrafo sulla strage dell'Heysel, l'elenco delle persone scomparse, cosi' semplice: nome, cognome, luogo di residenza; senza fronzoli e senza inutili parole è una lancia gelata scagliata nella nostra memoria; occorre non dimenticare, mai più morti in uno stadio.  


domenica 17 settembre 2017

NARCOFUTBOL


Ci sono nomi destinati a rimanere nella nostra memoria collettiva per intere generazioni, uomini che con le loro decisioni cambiano la storia di un paese o addirittura del mondo intero, uomini che spesso e volentieri si sono fatti da soli, senza aiuti.

Questi uomini, però, spesso entrano nella storia del mondo dalla parte sbagliata, dalla parte dei “cattivi”.


In queste storie, poi, capire quale sia la parte buona e quella cattiva è molto difficile; capita anche che la povertà e la disperazione non permettano più di distinguere il Paradiso dall'Inferno, e ciò che ne nasce è una miscela anarchica in cui tutto è concesso; in cui ogni limite, ogni legge viene spostata qualche centimetro più in là, in cui il fine giustifica puntualmente il mezzo.

La location perfetta per una di queste storie è senza dubbio la Colombia degli anni ’80, un luogo dove la “miscela anarchica” è costituita da potere, sangue e coca; il rapporto tra il governo e i narcos diventa sempre più stretto, soffocante, forte, quasi indissolubile.


In particolare un narcos e una banda a quel tempo avevano a libro paga quasi due milioni di colombiani: Pablo Emilio Escobar Gaviria e il suo “cartello di Medellin”.

Tutti conoscono Escobar, è superfluo ricordarlo come l'imperatore della cocaina, il narcotrafficante più ricco di tutti i tempi o come uno dei criminali più sanguinari della storia, quello che forse non tutti sanno è che Escobar è stato anche un signore del calcio!


Finanziò la costruzione di diversi campi da calcio nei quartieri popolari di Medellin  e non perse l’occasione di invitare nella sua Catedral (la sua “prigione”) un certo Diego Armando Maradona, personaggio molto amato dal popolo sudamericano, soprattutto quello meno abbiente, per una partita.

Per dovere di cronaca alla partita partecipò anche il famoso portiere colombiano Renè Higuita conosciuto per il colpo dello scorpione e per il suo soprannome: “El Loco”.

Ma, andiamo con ordine: correva l'anno 1991, Maradona scontava la squalifica di due anni per essere risultato positivo alla cocaina nei test anti doping, quando venne avvisato dal suo agente, Guillermo Coppola, che un importante signore colombiano era intenzionato a pagarlo bene, molto bene per esibirsi in un'amichevole; la proposta a prima vista non sembra di quelle indecenti, Maradona senza farsi troppe domande prende il primo aereo e arriva a Medellin, qui però la storia cambia; fu scortato in una prigione circondata da centinaia di guardie, le sue certezze traballarono:



-¿Qué te pasa, quieres arrestarme?



Passata la prima vista traumatica Diego si calma e va a conoscere questo famigerato “El Patron”, anni dopo Maradona riferirà:



“Sembrava di essere in un hotel di lusso di Dubai. Fu lì  che mi presentarono il signore che mi aveva invitato, chiamandolo El Patron. Io non leggevo i giornali, non guardavo la tv, non ero sicuro di chi fosse.  Si dimostrò un uomo molto rispettoso, anche freddo, ma amichevole con me. Mi disse che ammirava il mio calcio, che si identificava con me, perché entrambi eravamo riusciti a trionfare sulla povertà”



Il giorno dopo Maradona giocò la partita, fu pagato e tornò a svernare in Argentina; senza chiedersi più di tanto perché quell’uomo avesse così tanti soldi e vivesse in una “prigione” del genere.

Maradona però non è un tipo scontato, non può far qualcosa senza lasciare dietro di sé una scintilla, una dichiarazione che consenta a chi presume di avere la coscienza limpida di bollarlo una volta in più come “drogato” o “mafioso” e inviti a ragionare chi, invece, cerca di carpire dalle sue sparate ogni parola di cruda saggezza che proferisce. 

La dichiarazione è la seguente:



“In tema di narcotraffico, io sono il meno indicato per giudicare, però il padrone pagava i contadini per raccogliere la pasta di coca, ne pagava altri perché lavorassero nei laboratori e pagava anche i piloti per portarla negli Stati Uniti. Alla fine dei conti, fabbricava un prodotto clandestinamente e lo vendeva a gente che lo chiedeva, nessuno veniva obbligato, no? Non lo rubava a nessuno. D'altra parte, i politici vengono eletti e rubano il denaro al popolo, alzando le tasse  a una madre che compra il latte per i suoi figli. Quindi, chi è il peggiore eticamente? Per quanto riguarda i morti, era in guerra contro lo Stato per un motivo patriottico, perché i cittadini colombiani non venissero estradati negli Stati Uniti. E in guerra la gente muore. Anche Bush per il petrolio uccise centinaia di migliaia di persone. Lui non è cattivo?”



Benvenuti in Sud America.


sabato 2 settembre 2017

QUANTO CONTA PER LEI LA BELLEZZA?


Faceva un gran caldo durante quell’agosto 1986, specialmente a Foggia; la squadra locale, presieduta da un certo Pasquale Casillo, veleggiava in acque burrascose, per illecito sportivo era già stata condannata ad una retrocessione in C2 (pena che poi fu alleggerita in un passivo di otto punti nella successiva C1, salvando così la categoria).

Di certo fino ad ora la parola “bellezza” non ha molto a che fare con questa storia, che sembra ahimè una delle innumerevoli (quasi classiche) storie di una delle squadre della nostra provincia calcistica; ma la svolta arriva grazie ad una di quelle insulse amichevoli estive che tanto piacciono agli addetti ai lavori: il Foggia incontra il Licata.

Il Licata all’epoca viveva il momento più alto della sua storia e a sedere in panchina c’era un certo boemo chiamato  Zdeněk Zeman, questo non era un nome nuovo al braccio destro di Casillo, Peppino Pavone, che lo aveva visionato più di una volta. Alla fine dell’amichevole il boemo non tornò in Sicilia, Zdeněk aveva una nuova squadra: il Foggia.

Come ogni bella storia probabilmente la cronistoria delle gesta di quel “Foggia dei Miracoli”, targato ZZ, non avrebbe senso, non avrebbe senso quantificare l’amore e la stima che il boemo si guadagnò nel capoluogo dauno; addirittura a quel tempo persino il nome “Foggia” era desueto, si usava “Zemanlandia”.

Qualcuno, allora, pensò che quell’allenatore così bravo, con un gioco così fresco meritasse ben altri palcoscenici e nel 94’ il boemo venne portato nella Capitale, sponda nord, sponda laziale; qui seguirono cinque anni (tre laziali, due romanisti) in cui il bel calcio di certo non mancò, a mancare però, furono i trofei di spessore; costante, questa, che il boemo si trascinerà avanti per decenni.

Trascorse un decennio dopo le esperienze romane, un decennio di pellegrinazione in quasi ogni corte d’Europa; tentò anche di rimettere in piedi quel giocattolo meraviglioso che era stato il “Foggia dei miracoli”, senza però, riuscirci.

Ed è a questo punto della storia che scoppia la seconda scintilla della carriera del boemo, scoppia neanche troppo lontano dalla “sua” Foggia, scoppia a Pescara. In sintesi: il 21 giugno 2011 diventa l'allenatore del Pescara, in Serie B; il 20 maggio 2012 riporta la squadra adriatica nella massima serie dopo diciannove anni, vincendo il campionato contro un Torino formato rullo compressore per la serie cadetta; gli abruzzesi totalizzano 83 punti in 42 partite, conditi da 90 gol (miglior attacco del campionato), la maggior parte di questi merito di quel magico tridente che il boemo regala al calcio nostrano: Verratti, Insigne e Immobile.

L’esperienza pescarese non fa altro che sottolineare come “Zemanlandia” non sia una città o una squadra, non è un modulo o una minestra già pronta che all’occorrenza si può riscaldare; Zemanlandia non è altro che un bellissimo castello di carta che ha bisogno di tempo e fatica per essere costruito e che con una minima variazione può crollare su se stesso, lasciando dietro di sé una squadra alla deriva ed una piazza stordita, spesso di gioia, che si rifiuta di fare i conti con la cruda realtà.

La cruda realtà è che il Foggia o il Pescara o il Licata non potranno mai essere il Real, il Bayern o il Barcellona; questione di soldi, questione di tradizione, questione di ambiente; ecco, questa “cruda realtà” che ai più può sembrare una banale affermazione oggettiva e difficilmente attaccabile per un tifoso che viene dalla Zemanlandia di turno è un’offesa personale, quasi una bestemmia;


“Lo dicono tutti i giornali, il Pescara in Europa è seconda solo al Barca”



Ecco, al netto di quella stagione trionfale il Pescara senza tridente e senza Zeman naufragò in un mare di gol (questa volta subiti) e di sconfitte; i tifosi impattarono contro una verità dura, cattiva, dalla quale si ripresero con molta fatica.

Zeman nella sua longeva carriera da allenatore non hai mai vinto niente di rilevante, neanche una Coppa Italia; si può definire allora Zdeněk Zeman come “un perdente”?

Certo che sì, se per il tifoso il calcio è solo vittoria, punti, gloria, trofei, prevaricazione costante e incolore sull’avversario; se, invece, per il tifoso il calcio è anche bellezza, romanticismo e passione; beh allora il boemo non è altro che un nonno che offre ai propri nipoti (noi tifosi) un altro giro sulla giostra della felicità, un altro giro a Zemanlandia.
La questione è questa “Quanto conta per lei la bellezza?”

domenica 19 febbraio 2017

MARADONA GOOD, PELE' BETTER, GEORGE BEST



“Non è possibile spiegare cosa significhi segnare un gran gol a qualcuno che non ci sia mai riuscito. Qualche anno fa dissi che se mi avessero dato la possibilità di scegliere tra segnare un gol al Liverpool da ventisette metri, dopo aver saltato quattro uomini, e andare a letto con Miss Mondo, sarebbe stata una scelta difficile. Per fortuna, ho avuto entrambe le cose e soprattutto, una di queste cose l'ho ottenuta davanti a cinquantamila persone.”


Ecco, basta questa frase per descrivere chi è stato e chi sarà, nei ricordi di tutti noi, George Best, ”il miglior calciatore che il Regno Unito abbia mai prodotto” (parole di Tony Blair, ex primo ministro britannico).

La vita di George, come penso sappiate, è stata una vita complicata; in gran parte per scelte sue, ma anche per il luogo in cui è nato: l'Irlanda del Nord.  Nascere a BELFAST nel 1946 non è assolutamente cosa facile.

Apparteneva ad una famiglia PROTESTANTE; il padre faceva parte dell'Ordine di Orange,  una società segreta di presbiteriani dell'Ulster che organizzava la lotta contro i possidenti cattolici. Diciamo che il loro “lottare” spesso comprendeva anche omicidi e torture; insomma, non un ambiente sano in cui nascere.

Dopo essere stato scartato dal GLENTORAN, la squadra tifata dal nostro George, in quanto ritenuto “troppo piccolo e leggero”, all'età di 15 anni il suo talento fu notato dall'osservatore del MANCHESTER UNITED Bob Bishop.

Bob non credendo ai suoi occhi, mandò immediatamente un telegramma all’allenatore dello United di allora, che recitava: “Credo di averti trovato un genio”, e poco dopo lo stesso Bob imbarcò l’adolescente George sul primo aereo per Manchester per effettuare un provino, purtroppo però l’aria atlantica fredda e secca  di Belfast che ogni mattina spira dal faro del porto doveva piacere molto al nostro George, che in infatti solo due settimane dopo decise di tornare a casa.

Tornò poi a Manchester e passò due anni aggregato alle giovanili dello United come dilettante, lavorando part-time come fattorino nel porto; esordì all’età di 17 anni in una partita di FA CUP (segnando anche). Da quel giorno Matt Busby, l’allenatore del Manchester di allora, decise di lasciarlo in pianta stabile nel giro della prima squadra.

Penso che il resto della storia “calcistica” di George sia abbastanza famosa: tanti gol, tanti assist, tanta tecnica, tanta passione e poca professionalità; probabilmente se George fosse nato nei nostri giorni neanche sarebbe diventato la LEGGENDA che è, essendo il classico giocatore con la terza categoria in testa e il pallone d’oro nelle gambe.

Il pallone d’oro in effetti lo vinse, nel 1968, ancora giovanissimo; poteva essere l’inizio di tutto, ed invece fu proprio in quell’anno che George iniziò a perdere la sua battaglia personale contro i vizi, soprattutto contro il suo nemico maggiore, il più forte, forse l’unico difensore che non ha mai saltato in tutta la sua vita: L’ALCOL.

Però, come ho detto per Maradona, Best è da amare per quello che è stato, un pazzo, un folle che probabilmente amava più le DONNE o le AUTO che i successi calcistici; come disse una volta al più grande calciatore olandese della storia, dopo averlo saltato con incredibile facilità, “Tu sei il migliore, ma solo perché io non ho tempo!”, probabilmente fece tutto ciò con due ore di sonno alle spalle e un grado alcolemico imbarazzante.

Le gioie e le sbronze lasciano però spazio nel 2005 ad una amara verità: la cirrosi epatica è riuscita a batterlo; amo pensare però che senza il suo modo di fare, senza i suoi vizi ed eccessi oggi probabilmente sarebbe l’ennesimo ottimo giocare vincitore di un pallone d’oro, e non la leggenda che tutt’oggi riceve cori su cori dagli Stands dell'OLD TRAFFORD

…Amo anche pensare che il buon vecchio George li ascolti dall’alto con una sigaretta in bocca e un bicchiere di buon whisky nell’altra, ridendo sornione e ricordando i bei vecchi tempi passati.

mercoledì 18 gennaio 2017

LA POLITICA NEL CALCIO (ITALIAN EDITION)


Sono fermamente convinto che osservando il mondo del pallone con annessi e connessi si possono carpire molte informazioni su una nazione o su una città; dagli usi e costumi, alla tradizione, dalla storia, alla POLITICA.

Nonostante la dottrina ultras da decenni predichi il motto della “POLITICA FUORI DALLE CURVE” alcune piazze e alcuni gruppi ultras hanno storie così “politicamente schierate” da non riuscire proprio a farne a meno.

Quello che segue è un elenco di gruppi ultras ITALIANI:

                                                   

VERONA e tifoserie del Triveneto (Padova,Triestina,,Treviso): Da sempre  tifoserie di estrema destra, soprattutto quella veronese, che vanta l’appartenenza ad una vera e propria “internazionale” di ultras di estrema destra, assieme ai supporters di Lazio, Real Madrid, Espanyol, APOEL, Amburgo, Paris Saint Germain, West Ham, Millwall e Chelsea. Fino  agli anni 80’ all’interno della Curva Sud c’era una frangia di estrema sinistra, i “Rude Boys”, poi sciolti.



LAZIO: Molto probabilmente la tifoseria più nera d’Italia, da sempre schierata e da sempre non perde occasione di mostrare la sua appartenenza politica; all’Olimpico svastiche, croci celtiche e cori antisemiti sono un’habitué. A differenza dei tifosi veronesi non disdegnano neanche amicizie “scomode” come quella con i tifosi del Budapest, i sedicenti  “Hatvannegy Varmegye Ifjusagi Mozgalom” , vero e proprio gruppo di radicali che si muovono spesso sul filo della legge (spesso infrangendola).



ROMA: In origine curva con tendenze rosse, soprattutto per “contrapposizione” ai rivali laziali, tutt’oggi ha una forte presenza di ultras “neri”, resistono i “Fedayn” che rimangono legati ad ideali di sinistra.



ASCOLI: Classico feudo borghese nero, nella curva sono entrati anche tifosi riconducibili al movimento CasaPound.



UDINESE:  Netta prevalenza di ultras legati all’ estrema destra (Hangover Klan, Hooligans Teddy Boy)



INTER: A dispetto del nome “Internazionale” la curva Nord milanese è tradizionalmente orientata a destra (Viking Ultras, Boys S.A.N.), poiché a farne parte è stata da sempre la parte borghese e nobile di Milano. Negli ultimi anni, come tutti i grandi squadroni del Nord (Inter,Juve,Milan)  ha perso la sua vocazione politica.



MILAN: Come detto per la Roma, curva storicamente sinistroide, composta soprattutto da operai (da qui l’antipatia con i borghesi interisti) che nel tempo è diventata apolitica.



JUVENTUS: Vale quanto detto per la curva interista. Bisogna inoltre ricordare che nella curva juventina c’è una forte componente schierata per la Padania indipendente.



ATALANTA: Netta maggioranza di sinistra (B.N.A. e gruppi minori) con pochi gruppi apolitici.



BOLOGNA: Anche loro prevalentemente di sinistra, negli anni 70’ furono i primi (in Italia)  a seguire la moda Mods inglese.



BRESCIA: A differenza dell’odiatissima Atalanta sono tendenzialmente destroidi, con all'interno una considerevole componente leghista; con gruppi anche di sinistra.



PALERMO: Tendente fortemente a destra (Brigate Rosanero e Warriors Ultras Palermo, Legione-FDG, Skins), con un passato di sinistra (Commandos Aquile).



LECCE: Tradizionalmente di sinistra, ora quasi esclusivamente apolitica.



LIVORNO: Conosciuta come la curva più a sinistra d’Italia, soprattutto estrema (Fronte di Resistenza Ultras, Brigate autonome).



VENEZIA: Sinistroidi (Rude Fans)



CURVE UMBRE (Perugia,Ternana): Due delle poche curve di sinistra attualmente schierate, soprattutto quella perugina ha lunghe amicizie con curve rosse italiane.



ANCONA: Altra curva dell’Italia centrale con un’identità “rossa” (Ancona siamo noi).



SAVONA: Anche loro di sinistra, facevano parte della già citata Resistenza Ultras.



TERAMO: Ultimamente conosciuta come la curva più a sinistra d’Italia, è composta in larga parte da persone schierate con collettivi autonomi antifascisti (Teramo Zezza)



CHIETI: Come Ascoli, classico feudo nero del centro italia, anche qui Casapound fa capolino in curva.



PISA: Tifoseria da sempre di estrema sinistra, il gruppo principale, ormai sciolto: i Rangers; per anni hanno esposto bandiere raffiguranti Che Guevara.



TORINO: Per il Toro è storica la prevalenza della sinistra in curva, ma ci sono anche gruppi di destra (Granata Korps e V Kolonna) di ispirazione estremista.



REGGINA: Di destra (CUCN, Boys).



CATANIA: Prevalentemente di destra anche se non hanno mai esternato il loro ideale politico.



TIFOSERIE GENOVESI: Entrambe antifasciste, quella del Genoa è sempre stata a sinistra, mentre quella della Samp si è sempre rifiutata di essere etichettata politicamente.



CESENA: Da sempre di destra, Brigate Predappio, Viking, Bellaria sono solo tre dei gruppi più radicali presenti in curva. Si segnala un solo gruppo di sinistra, gli Sconvolts.



COSENZA: Una delle poche curve del Sud Italia schierate, molto a sinistra, soprattutto con i gruppi Cosenza Vecchia e Rebel Fans; grande amicizia con i tifosi antifascisti del Marsiglia.



MODENA: Come la vicina Bologna è una tifoseria a sinistra con numerose amicizia “politiche” dal Marsiglia al Bordeaux fino al Celtic.



 VICENZA: Una delle poche tifoserie del Triveneto con ideali misti, infatti in Curva Nord primeggiano tifosi che si dichiarano comunisti, mentre nella curva sud ci sono tifosi apolitici e destroidi (South Terrace).

LATINA: In questo caso la curva rispecchia la città di appartenenza, in una città in cui stravince la destra anche la curva è quasi fascista, soprattutto il gruppo Leone Alato.



TIFOSERIE LOMBARDE MINORI (CREMONESE,PRO PATRIA, MANTOVA, COMO, VARESE):  Tutte con ideali più o meno a destra, anche se in molte di queste curve esistono gruppi apolitici.



FORLI’: Come abbiamo già detto per Cesena, la Romagna è sicuramente diversa dall’Emilia, anche per quanto riguarda gli ultras, anche qui dominano i “neri” del gruppo Ca Ossi.



Tutte le tifoserie non citate o sono storicamente apolitiche oppure nel corso del tempo hanno perso del tutto la loro vocazione politica. Questo articolo non è altro che un elenco, che, per quanto ricco non è altro che una “guida” per assecondare  qualche curiosità, nei prossimi giorni scriverò un articolo sulla politica impastata al mondo delle curve in ambito internazionale, ne verrà fuori sicuramente un articolo più corposo.