domenica 27 dicembre 2015

PAGELLONE SEMI-SERIO DI META’ CAMPIONATO.

ATALANTA 7: Ad inizio campionato si sperava in una tranquilla salvezza, una delle tante che aveva portato a casa negli anni passati Stefano Colantuono, ed invece la Dea ( e Reja) hanno stupito tutti, sgomitando per posti ben più blasonati. In effetti avendo tra le proprie file un certo Mauricio Pinilla come si può lottare per la salvezza?.

BOLOGNA 6: Media aritmetica tra il 4 del Bologna di Delio Rossi e l’8 di quello di Donadoni. Mai come questa volta la scelta di lasciare a piedi un tecnico ha pagato tanto, la squadra è quadrata e attenta in fase difensiva, ora però gli emiliani devono sperare di rivedere il Destro (quello vero) dei tempi del Siena.
Ah già… Lo possiamo dire che Ciccio Brienza sta giocando ai livelli di Ronaldo dei tempi d’oro?!

CARPI 5: Per me la matricola emiliana è retrocessa il giorno in cui ha affidato (se pur per qualche settimana) la panchina a Sannino. Detto questo bisogna dire che il Carpi è una squadra che sfanga, e di brutto, per questo mi piace molto; ma francamente le dò al massimo 2 mesetti di reale lotta per non risprofondare in B. Anche se la dedizione che ci mette capitan Borrielo è ammirevole, contando che ha la Nargi a casa.

CHIEVO 6,5: Ogni anno è l’anno buono per la retrocessione del Chievo, ma a meno di clamorose sviste i veneti si sono salvati di nuovo la pellaccia; grazie soprattutto ad un ragazzone veronese che risponde al nome di Riccardo Meggiorini, il Real dov’è quando serve?!

EMPOLI 8: Ecco un’altra squadra che si vedeva già in B, ed invece Giampaolo ha saputo prendere bene le misure ad una squadra che sembrava finita dopo l’addio di Sarri. A ridere di tutto questo è il presidente Corsi pensando al fatto che quest’estate potrà rivendere Saponara a 2-3 milioni a gol, e fidatevi che di gol ne fa…

FIORENTINA 8: Questa Fiorentina secondo il mio umile pensiero si contende lo scettro di squadra più “bella” d’Europa con il Barcellona di Messi e il Crotone di Budimir.
Paulo Sousa ha fatto un capolavoro di rara bellezza e senza spendere neanche un patrimonio, anzi, vi ricordate per caso chi sia Salah?

FROSINONE 5+: Vale lo stesso discorso fatto col Carpi ma qui si meritano il mezzo voto in più per aver lasciato il buon Stellone sempre al suo posto e per i “tifosi” che si gustavano la partita dal balcone in Frosinone-Juve, ah già il mezzo voto diventa un più (+) per Diakitè titolare riproposto ogni santissima domenica.

GENOA 4: Ridendo e scherzando, la squadra di Gasperini è a 2 punti dalla zona retrocessione. Il Genoa è in difficoltà indicibili, le sue partite assomigliano a degli piscodrammi, nel bene e nel male, (basti pensare ai finali al cardiopalmo o all’espulsione lampo di Pavoletti contro il Carpi…) e non sono mai banali. Ma se le partite sono piscodramatiche l’attacco rossoblu è horror puro, Pandev sembra alla frutta e l’unico in grado di garantire qualche gol sembra essere proprio il buon Pavoletti. Ah già dimenticavo… fra poco c’è un derby che promette solo tanti ceffoni.

INTER 8: “Ragazzi ma che gioco fa l’Inter?!” questa è più o meno la tiritera che si sente uscire dalle bocche dei tifosi non-interisti, infatti non si può negare che il Mancio abbia plasmato questa squadra più per una guerra che per un campionato.
Ma alzi la mano chi a Ferragosto pensava che  a Natale, in testa al campionato ci sarebbe stata l’Inter di Mancini; forse nessuno o forse solo alcuni visionari ispirati dalla Vodka.
Ma oggi, 27 dicembre 2015 vincono, e lo fanno con un gioco tutt’altro che spumeggiante, a suon di 1-0 e partite vinte quasi per miracolo. Ma è esattamente il nostro concetto ideale di sfangata, diciamocelo. E poi con un Felipe Melo in queste condizioni, noi non potremmo chiedere di meglio.

JUVENTUS 7,5: Inizio disastroso, Allegri già con una gamba e mezzo fuori dallo Stadium, ed invece, la Juve da grande squadra ha saputo ritrovarsi dopo una bella doccia fredda offerta gentilmente dal Sassuolo. Ora a Natale  la Juventus è tornata e fa paura di nuovo a tutti. La concorrenza, che pensava di essersi liberata del peso dei campioni in carica, chiude il 2015 smadonnando parecchio.

LAZIO 5: L’ultima vittoria di San Siro ha risollevato un po’ morale e classifica, ma la situazione resta parecchio delicata. Il pubblico ormai ha abbandonato la causa e la Nord è in sciopero da 3 mesi; risultato? All’olimpico ormai Klose e compagni giocano in trasferta.

MILAN 5: Parecchi milioni spesi, Mihajlovic, bomber di respiro internazionale e due derby vinti (anche se valevano come la diffida di Felipe Melo)… Eppure ci ritroviamo a Natale per l’ennesimo anno consecutivo a parlare di crisi a Milanello; almeno nell’ultimo lustro si poteva dire che era tutta la Milano calcistica in crisi, quest’anno l’Inter è ripartita. Forse è stato il cambio di presidenza ha dare la scossa giusta  all’ambiente interista? Potrebbe essere, infatti la sensazione è che Sinisa e dirigenza e proprietà possano venire alle lame da un momento all’altro. L’occasione del riscatto potrebbe essere la coppa Italia, con il tabellone da Lega Pro dalla parte del Milan.

NAPOLI 7,5: Dopo le prime tre gare già si pensava che forse il buon Maurizio Sarri non avrebbe mangiato il panettone, anzi il babà, scusate. Ed invece l’ex tecnico dell’Empoli ha ingranato la terza, soprattutto grazie alla cura, quasi maniacale, che ha adottato con alcuni giocatori (Koulibaly è lo stesso giocatore dell’anno scorso? Davvero?). Ora tocca riportare i partenopei allo stadio e si potrà parlare di scudetto.

PALERMO 5: #rivogliamoBeppe serve aggiungere altro?

ROMA 6: Per una volta le cose sembrano girare per il verso giusto a Trigoria, qualificazione agli ottavi di Champions, vetta a 4 punti e finalmente un bomber di razza al quale aggrapparsi (che non abbia visto nascere Dante); la situazione si potrebbe leggere in questo modo, ma purtroppo vedendola da quest’altro punto di vista le cose sembreranno più veritiere: agli ottavi c’è il Real da affrontare, la vetta non è occupata dalla Juve degli invincibili ma dall’Inter e il bomber di razza è in crisi totale.
La Roma sembra essere pronta ad esplodere da un momento all’altro, e Garcia la mattina si sveglia ancora mister della Roma solo per mancanza di sostituti… Serve un inversione totale oppure si rifarà un anno da “zero tituli”.
SAMPDORIA 4,5: Se il Genoa sta messo male, la Samp non è che possa riderci molto. La Samp comincia la stagione facendosi buttare fuori dall’Europa League ancora sotto l’ombrellone, poi in campionato parte maluccio ma non tragicamente, ma Ferrero decide comunque di cacciare Zenga per prendere Montella.
Vincenzo dal canto suo non sistema molto ed ecco a voi un derby da dentro o fuori, buona fortuna.

SASSUOLO 7: Dio benedica Di Francesco, il Sassuolo è una squadra giovane, che gioca bene, cool e di grande prospettiva. L’Europa è a pochi punti di distanza, cosa volete di più?!
TORINO 6: Ordinaria amministrazione per la truppa Ventura, meno prospettive rispetto all’anno scorso, troppi derby persi (tutti in malo modo); insomma male, ma non malissimo.

UDINESE 6: A Udine la preoccupazione principale di questa stagione era di finire lo stadio. Il gioiellino del Friuli però, per un breve periodo ha rischiato di vedere la serie B il prossimo anno perchè, dopo la partenza a razzo (espugnato lo Juventus Stadium con una sfangata di proporzioni cosmiche) la squadra friulana sembrava precipitata in un dirupo. Poi, con la sapiente mano di Colantuono, che riesce ad attrezzare barricate e contropiede a ogni partita, le cose sono andate migliorando, e la retrocessione non è più uno spettro che fa paura.

VERONA 3: Ecco, il Verona non è che lo vediamo proprio benissimo. La partenza è stata un incubo, l’arrivo di Del Neri ha portato qualche punto, ma ha fatto prima ad arrivare il Natale che non la prima vittoria gialloblu della stagione. E la salvezza è già lontana 8 punti, praticamente tutti quelli fatti fin qui dalla truppa dell’Hellas. Insomma, per salvarci servirebbe un intervento dall’alto, da molto in alto. Luca Toni è alla sua stagione di addio, rischia di salutare con una triste retrocessione. Serve una vera e propria impresa.




giovedì 24 dicembre 2015

QUANDO LA TRADIZIONE VINCE (FORSE).



Ormai l’avete capito, del mondo del calcio amo principalmente due cose: le imprese e la tradizione che ogni club si porta dietro; proprio per questo oggi  sono particolarmente felice, gli SCEICCHI ( sì proprio loro), si sono arresi ai tifosi del Manchester City cambiando il logo del club, ora dalle parti  dell’Etihad Stadium non sventolerà più l’aquila romana, ma il vecchio logo, un logo che significa molto per la città di Manchester.
Nel nuovo logo (che trovate sopra)  vi sono rappresentate due cose molto importanti per tutti i cittadini di Manchester, che tifino per il Blue Moon o per i Red Devils.
La prima (e anche più importante) è la nave, una delle tantissime navi che veleggiavano ogni giorno per i canali di Manchester senza i quali la modernissima e bellissima “capitale del nord inglese” non sarebbe altro che una fredda e inospitale cittadina del nord-ovest.
La seconda è la rosa rossa, per ricordare che Manchester durante la guerra delle rose appoggiava la casata dei Lancaster a discapito di quella di York.
Quindi questo cambio di logo è una bellissima notizia per noi appassionati di calcio “old style”, ma purtroppo non è tutto oro ciò che luccica, poiché dietro questa mossa apparentemente disinteressata c’è (forse) una specifica scelta di Merchandising; infatti probabilmente non sapete che lo sceicco  Mansur bin Zayd Al Nahyan proprietario del Man.City è anche a capo del New York City e del  Melbourne City.
Stranamente i tre loghi ora si somigliano moltissimo, cosa che fa pensare alla volontà di creare una specie di marchio con 3 squadre, in 3 parti del mondo, con stessi colori di maglie, stessi sponsor e ora anche stemmi simili.

sabato 12 dicembre 2015

PARTITA DEL SECOLO, JAHRHUNDERTSPIEL, PARTIDO DEL SIGLO.


Poche sono le partite che hanno cambiato la storia del calcio, forse 2-3 come il Maracanazo, dove la Celeste ha strappato dalle mani brasiliane un mondiale che era già loro, oppure Inghilterra- Ungheria  dove i magiari capitanati da Puskas e Hidegkuti hanno umiliato i superbi ed ormai ex maestri britannici in casa loro, a Wembley, per 3 a 6.
Ma c’è una partita che almeno secondo me ha cambiato il mondo e non solo quello calcistico, sto parlando della partita del secolo, Italia-Germania 4 a 3.
 Gli spettatori sono 102.444, fa caldo, molto caldo: 25 gradi. Tanta umidità. La combinazione fra i 2200 e passa metri di altitudine e l'inquinamento produce un'aria appiccicosa e salmastra, il cielo è di quel grigio chiaro che spesso si vede a Mexico City.
In Italia la telecronaca sfida il record d'ascolto stabilito l'anno prima dallo sbarco dell'uomo sulla luna, il telecronista Nando Martellini (che passerà alla storia) ammette che la Germania è favorita. C'è attesa, però nessuno al mondo sa’ o  immagina che il dio del pallone sia pronto a tanto.
Per la verità penso che il dio del pallone (no, non stiamo parlando di Maradona) abbia sonnecchiato anche lui nei primi 89’ minuti di partita, perché l’Italia sta per portare a casa la vittoria nel modo più comodo e italiano che si possa immaginare, con un bel CATENACCIO, minimo sforzo e massimo risultato.
Ma il dio del pallone aveva in mente altro… Infatti  come abbiamo già detto il primo gol fu segnato da Roberto Boninsegna, dopo soli otto minuti dall'inizio della partita, frutto di una combinazione con Gigi Riva. Per i seguenti ottanta minuti l'Italia tese il solito e fidatissimo catenaccio, ma il milanista Karl-Heinz Schnellinger, con il suo primo e unico gol in quarantasette partite con la nazionale, portò la gara in parità due minuti e mezzo oltre i tempi regolamentari. La cosa, contrariamente a quanto succede oggi, a quei tempi era più unica che rara; infatti praticamente in quasi tutte le partite gli arbitri fischiavano la fine allo scadere del famigerato 90º minuto. Questo spiega la delusione e lo sconcerto del telecronista Nando Martellini che al fischio finale dei tempi regolamentari disse al microfono: “Questo Yamasaki! Due minuti e mezzo dopo la fine del tempo regolamentare!”.
L’Italia ora ha bisogno di rivedersi, di cambiare gioco, il catenaccio è saltato e con esso anche la formazione iperdifensiva messa in campo dal mister Valcareggi, ora ci sono i tempi supplementari e occorre vincere per non incappare in una delle peggiori delusioni sportive della storia italiana, proprio contro i detestati teutonici.
I supplementari però iniziarono nel modo peggiore, Gerd Müller segna un gol di pura furbizia al 94', infatti fu abile a sfruttare un errato tocco della difesa italiana dopo un debole colpo di testa di Uwe Seeler; ma poco dopo rimise in parità la partita un altro difensore, Tarcisio Burgnich (al suo secondo e ultimo gol in nazionale in sessantasei partite), anche questo su un errore difensivo, questa volta tedesco. L'Italia, un minuto prima della fine del primo tempo supplementare, passò addirittura in vantaggio, con uno straordinario assolo di Riva in contropiede.
Ma il Dio non è ancora sazio, e così iniziò il secondo tempo supplementare, proprio in questo lasso di tempo si vide una delle scene più belle che il mondo del calcio abbia mai offerto, il fortissimo difensore tedesco Beckenbauer, a seguito di un infortunio che gli causò la lussazione di una spalla, restò stoicamente in campo, giocando con un braccio fasciato lungo il corpo, fino alla fine dei supplementari. Torniamo alla cronaca della gara, al quinto minuto del secondo tempo supplementare, la Germania trovò il pareggio. Il colpo di testa di Seeler su un pallone proveniente da un calcio d'angolo sembrò indirizzare la palla fuori, ma Müller (sempre meravigliosamente Gerd)  intervenne di testa, trovando uno spiraglio tra Rivera (piazzato sulla linea di porta) e il palo.
Siamo 3 a 3, è il momento della verità, rimangono solo 10 minuto e lo spettro dei rigori aleggia sul campo messicano; ma… come nei poemi epici più belli, dopo solo un minuto dalla doppietta di Müller arriva il gol della vittoria, targato Rivera, palla rimessa in gioco dal centro campo, undici passaggi, nessun intervento dei tedeschi e conclusione dello stesso Rivera che di piatto superò Maier. Finì 4-3.
Il mondiale sappiamo tutti come finì, ci arrendemmo in finale con un perentorio 4 a 1 contro il Brasile; ma forse quella partita, quella fantastica semifinale era ed è la pagina più bella della nazionale italiana.
Un certo signorotto inglese che nel tempo libero governava la nazione più potente d’Europa disse…

“Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio.”

Ecco… molto probabilmente quella notte vincemmo veramente una battaglia contro quelli che poco meno di venti anni prima ci erano stati alleati e in seguito invasori.
Tutt’oggi se vi fate un giro nella capitale dello stato centroamericano, più precisamente fuori dallo Stadio Azteca, avrete l’opportunità di scorgere una targa che commemora quella partita che è diventata nel tempo più epica che sport.
All’inizio dell’articolo dissi che il telecronista Nando Martellini è passato alla storia, ci è passato grazie a questa frase; semplice, ma bellissima proprio per la sua semplicità.


« Che meravigliosa partita, ascoltatori italiani! »

giovedì 3 dicembre 2015

LA CLASSE OPERAIA IN PARADISO: JAMIE VARDY

C’è un giocatore che più  di tutti rappresenta l’orgoglio della gente comune che va allo stadio, quella gente che sta pian piano scomparendo dagli stadi inglesi, e non solo, per via dei prezzi inaccessibili per chi di lavoro fa, per esempio, l’operaio.
Operaio avete detto? Ma che c’entra un lavoro cosi’ umile con il campionato più ricco e esclusivo del mondo? Bhe, oggi 3 dicembre 2015 il giocatore che guarda tutti dall’alto nella classifica marcatori è uno che fino a 5 anni fa giocava in  Conference (la quinta serie inglese, la nostra Promozione) e per campare andava ogni giorno in una delle fabbriche fredde, grigie e cupe della Midlands inglesi.
Se ci pensate solo un secondo è passato in pochi anni dalla lana grezza e ispida al vellutato prato dello Stanford Bridge, dove ha trovato anche il tempo di spingere Jose fin quasi all’esonero con uno dei gol suoi, un po’ brutti, un po’ goffi ma sempre efficaci.
Ah già, i gol… il buon Jamie da Sheffield ne ha segnati 14, 14 in altrettante partite; è un record che apparteneva a Ruud Van Nistelrooy, non certo il primo degli scarsi.
E il Leicester in tutto questo è primo a pari merito con il Manchester City; siamo a dicembre, siamo al giro di boa, se le volpi blu hanno resistito per oltre 3 mesi perché non resisterne 5?! Sarebbe l’apoteosi del nostro calcio, il calcio di provincia…
 “Ultima giornata, il Leicester porta via 3 punti dallo Stanford Bridge e si laurea campione d’Inghilterra per la prima volta”
Non so quanto pagherei per leggere questa frase sulla Gazzetta dello Sport, non so quanto pagherei per vedere la faccia delusa di Abramovich e degli sceicchi quatariani mentre ammirano il bomber pagato 35.000 sterline che alza la coppa… però rimane un sogno, la realtà è un’altra; Vardy non segnerà all’infinito e Ranieri non ha alternative all’altezza, ma finchè la fredda matematica farà svanire il mio sogno, io ci credo, io credo ad  Leicester campione.
Ma ora torniamo al nostro attaccante, è veloce, tecnico e abile con entrambi i piedi. Se arriva un cross, potete scommetterci tutto quello che volete che la prima zucca che incoccerà quel pallone sarà la sua. Rubando le parole ad un suo compagno di squadra, il portiere Kasper Schmeichel, Jamie Vardy è colui che è in grado di trasformare una cattiva palla in buona occasione e una buona occasione in gol, insomma insieme al connazionale Rooney e al polacco Lewandowski è l’identikit dell’attaccante moderno; ma forse non mi credete, non credete che sia cosi’ forte, allora ora vi faccio leggere uno scambio di battute tra Jamie e un certo allenatore che di calcio sembra azzeccarci qualcosa.
“Ma non la smetti mai di correre?
“Non conosco nessun altro modo di giocare a pallone”

P.S la prima frase è di un certo José Mário dos Santos Mourinho Félix, meglio noto come José Mourinho, conoscete?



giovedì 19 novembre 2015

FANTAEUROPEO: I GIRONI.

GIRONE A:
SPAGNA-CROAZIA-SLOVENIA-IRLADA del NORD.
Iniziamo il nostro fantaeuropeo con un girone molto particolare, in teoria gli spagnoli e i croati dovrebbero avere vita facile contro le dormite difensive slovene e l'inesperienza dell'Ulster.
Mai voi vi fidate di sir. Kyle Joseph George Lafferty ?! Io no!

GIRONE B:
PORTOGALLO-UCRAINA-UNGHERIA-ISLANDA.
Questo è il classico girone degli scappati di casa, stranamente la formazione che, per mio modesto parere, ha più chance di passare è l'Islanda, seguita a ruota da quella di CR7 e con Ucraina e Ungheria a giocarsi il bronzo. Ovviamente non devo neanche aggiungere che questo è il nostro girone, infatti potremo vedere operai del dopolavoro della stazione ferroviaria di Budapest affrontare il pompatissimo Ronaldo; che poi, davanti a Dimitri (centrale difensivo ungherese) non è altro che un Ciccio Brienza con più capelli.

GIRONE C:
INGHILTERRA-RUSSIA-POLONIA-TURCHIA.
Non so come gli inglesi riusciranno ad uscire in questo girone, ma lo faranno; statene certi. La vera lotta sarà tra i cattolici polacchi, gli ortodossi russi e i mussulmani turchi; sento già odore di legnate...

GIRONE D:
BELGIO-AUSTRIA-REP.CECA-GALLES.
Il girone più facile per la testa di serie, infatti il Belgio non ha veramente rivali; la vera guerriglia ci sarà per il secondo posto, dove i macellai cechi dovranno fare pelo e contropelo a Bale e Alaba se vogliono avere qualche speranza di uscire agli ottavi.

GIRONE E:
GERMANIA-SVIZZERA-ROMANIA-ALBANIA.
Ucci, ucci sento odore di 7-1; gli albanesi e i romeni meglio che la buttino in rissa e caciara se vogliono tornare in patria con un passivo accettabile (almeno per il tennis).

GIRONE F:
FRANCIA-ITALIA-SVEZIA-IRLANDA.
Come al solito, che sia l'urna di Nyon o quella di casa mia l'Italia si becca il girone più ostico e livellato; se questo girone fosse confermato a dicembre (speriamo di no) teniamoci pronti a 3 finali (ovvero a 3 pareggi).

sabato 7 novembre 2015

GARY MEDEL: EL PITBULL


Per quasi tutti i mediani il vocabolo PAURA è una parola non definita, per molti altri è semplicemente quella sensazione apparentemente sconosciuta che si vede affiorare nel volto dei nostri avversari quando ci vedono; sicuramente uno che di paura ne incute e pure parecchia è GARY MEDEL.
Oggi finalmente trovo il tempo di scrivere un articolo sul  giocatore che ha conquistato con meriti sul campo l’immagine della mia pagina e una buona fetta del mio cuore calcistico; il perché della mia totale ammirazione è una motivazione tanto semplice quanto valida: il modo di giocare di Gary.
Il “pittbull”,(soprannome affibbiatogli per la cattiveria agonistica che dimostra ad ogni partita) infatti gioca ogni partita come se fosse una finale di Champions League, dilaniandosi i polmoni e i muscoli delle gambe ricordando a tutti che quando non sai cosa ti riserverà la vita, soprattutto se il posto in cui sei cresciuto non è esattamente la City di Londra ma anzi, da quel posto si esce spesso con un buco in testa o con le manette ai polsi, portati verso chissà quale penitenziario gestito da chissà quale dittatura (quando ti va bene) o da chissà quale cartello della droga (quando ti va male), non puoi permetterti di dare meno del centouno per cento della tua anima, qualsiasi cosa tu stia facendo; e per fortuna soprattutto sua, ma anche nostra, il Pittbull può dare la sua anima su un campo erboso.
Come ho già detto Gary nasce in uno di quei posti che non sono segnati nelle guide turistiche perché è meglio evitarli se non si ha gli agganci giusti e questo posto è Cerro San Cristobal, un lembo di terra rubato alla collina (ma non alla malavita) dove di solito cresci in due modi: o ti mettono in mano una pistola o una dose di qualcosa; ma per fortuna il nostro mediano cileno non ha ricevuto un’arma o della droga ma un PALLONE; per la verità non è che Gary ci sapesse fare troppo col pallone, ma per passione e istinto di sopravvivenza riesce a coronare il suo sogno di bambino e diventare calciatore.
Viene preso giovanissimo dall’Universidad Católica; una delle più importanti squadre cilene, con questa casacca esordisce nel 2006,e al suo primo derby utile con l’Universidad de Chile si procura un rosso per un entrataccia da codice penale su Marcelo Salas.
Insomma, Gary Medel non ha paura di niente e di nessuno, non gli fa spavento nemmeno il reato di lesa maestà ai danni del Matador, una leggenda del calcio cileno.
Dall’ Universidad Católica emigra in poco tempo al Boca Juniors; e secondo voi, uno come Medel quanto ci mette ad ambientarsi alla Bombonera? Poco, pochissimo; in poco tempo diventa idolo dei tifosi argentini, ed è tutto dire per un cileno.
Da questo periodo argentino e un ottimo mondiale nel 2010, Gary sbarca in Europa, più precisamente a Siviglia, da dove sale fino al freddo Galles (Cardiff) e da li riscende a Milano (sponda neroazzurra) dove in due anni è stato ed è l’unico insostituibile sia sotto la guida di Mazzarri (Medel rimane l’unica cosa sensata della sua gestione), sia sotto la guida di Mancini.
Ed è proprio sotto la guida del tecnico jesino che il Pittbull dopo due anni di digiuno si è finalmente sbloccato in Italia segnando il suo primo gol, pesantissimo tra l'altro; perché ha permesso all’Inter di superare la Roma in campionato e diventare capolista della Serie A.
E secondo me proprio la sfida con Roma è stata la sintesi perfetta della vita e della carriera di Gary, perché domenica scorsa il Pittbull ha fatto il pittbull, correndo su ogni pallone e costruendo gioco, azzannando la Roma proprio come un cane feroce poco prima dell’intervallo; ma ha concluso la sua gara prima del previsto per via di un infortunio, ma ha lasciato il campo solamente in barella, solamente dopo ripetuti tentativi di resistere al dolore: devono portarlo fuori quasi a forza, perchè non sta più in piedi e rischierebbe di farsi male ancora di più. Avesse avuto ancora solo una goccia di energia, sarebbe restato lì, a guidare i suoi compagni e a tenere in piedi il muro interista.
E invece, deve vedere i suoi compagni resistere per tutto il secondo tempo; deve vedere Handanovic parare tonnellate di palloni che, per pochi centimetri non hanno fatto la felicità della banda di Garcia; deve vedere Miranda e Murillo soffrire come cani per non far crollare le speranze degli 80000 di San Siro; e, alla fine, il suo sorriso verso la curva con le braccia al cielo quando quei dannati 90’ erano passati valgono più di mille parole, sono un simbolo.
Il simbolo di chi, come noi, vive il calcio con l’anima, con il cuore, si, diciamocelo, con le palle.

Grazie di tutto, Pitbull.

sabato 31 ottobre 2015

IL PIBE DE ORO: SUA MAESTA' MARADONA.


Ieri era il compleanno del  calciatore che la stragrande maggioranza della popolazione mondiale reputa il più forte di sempre; e forse sarebbe giusto che almeno per un giorno non si parlasse del Diego “uomo” ma solo di “calciatore”… Sarebbe sicuramente bello ma non si può, anche perché parlare di Maradona senza parlare di droga; di strane amicizie napoletane; di figli di cameriere non riconosciuti; di pallini sparati per scacciare i giornalisti; di quintali di peso presi, persi, riguadagnati e ripersi e di idee politiche contorte;  non sarebbe giusto e rispettoso per il personaggio.

Maradona ha il proprio fascino anche in queste cose; nelle continue contraddizioni che erano diventate ormai normali, tipo l’anticapitalismo esasperato che sbandierava da giovane che oggi ha lasciato il passo ad una vita di ricchezze che ricorda quella di un cafone arricchito; perché Maradona ha avuto un rapporto difficile con tutto;  dai giornalisti, spesso aggrediti e scacciati con fucili, pugni e cinte, fino alla droga, in particolare alla cocaina che lo ha trasformato da legenda ad un tossico ingrassato e violento.  

Ma come ho già detto molte delle sue scorrettezze sono diventate col tempo eroiche anche più di gesti eroici (questi veramente) fatti da gente che magari aveva dei principi morali ben più saldi di Diego (non è difficile, basta non drogarsi, non sparare con un fucile in luogo pubblico, non avere legami mafiosi o magari fare solo una o due di queste cose ma non tutte insieme); un esempio di eroicità al contrario è la “MANO DE DIOS ”,  un gol segnato letteralmente di rapina ai Mondiali del 1986 agli odiati inglesi, che solo quattro anni prima avevano umiliato l’Argentina nella guerra delle Falkland o Malvinas (come sosteneva il nostro eroe); ecco, quel gol per Diego è stato il più importante della sua vita, anche più di quello segnato solo mezzoretta dopo quando, partendo da centrocampo, salta mezza Inghilterra e fa un gol che è considerato il più bello di sempre; perché per Diego il primo gol, quello segnato in maniera scorretta “ripagava” il popolo latino della sonora sconfitta bellica di quattro anni prima.

Considerata l’ultima frase sembrerebbe che Maradona sia stato un uomo patriottico e vendicativo, insomma un uomo “di destra” ; in realtà Diego si è sempre professato comunista e soprattutto anti-capitalista e anti-americano (come più o meno ogni uomo povero dal Texas in giù); anche sulle idee politiche del “Pibe de oro” si potrebbe (come avete già capito) parlare a lungo, ma anche in questo le idee di Diego se pur poche e confuse hanno rappresentato e rappresentano ancora oggi un ideale fondamentale per i giovani poveri di tutta l’Argentina, anche perché Maradona sarà stato contradditorio in gran parte delle cose che ha detto e fatto, ma in una è stato fermo e deciso: “Combattere sempre e con ogni mezzo il padrone che ti vuole opprimere”.

Proprio su quest’ultima frase si è costruita la storia d’amore più bella che il calcio abbia mai allacciato: l’amore tra il Pibe de Oro e Napoli; Napoli come sappiamo tutti è una realtà contradditoria, una realtà che ha sempre subito la forza (talvolta oppressiva) del Nord Italia e delle città più rappresentative di essa come Milano o Torino; proprio per questo Napoli era l’oppresso e Maradona è stato l’eroe (spesso al contrario) che ha ribaltato la situazione, portando a Napoli lo scudetto che prima di lui ( e dopo) era una prerogativa delle squadre del Nord, ecco perché Maradona è un Dio, attorno al quale  negli anni successivi sarebbero diventati gli adepti di una sorta di religione pallonara, il MARADONISMO.

Vi chiederete perché Platini, Van Basten o Ronaldo non siano diventati la stessa cosa per Torino e Milano; il primo motivo è ovviamente il fatto che le città padane non siano Napoli e i padani non siano i napoletani; volete comparare l’amore viscerale di un napoletano con quello di un nordico?!, la seconda, e secondo me più interessante, è il fatto che per Napoli il Napoli (squadra calcistica) non sia una semplice passione, ma una rivincita sociale (forse l’unica) che abbia mai avuto verso il Nord.

Per chiudere vorrei dire, che per fortuna, nella nostra mente è scolpito indelebilmente un altro Maradona, quello del gol del secolo, delle letali punizioni di sinistro, dei dribbling, del gioioso e implacabile Napoli di fine anni Ottanta. E quello, per fortuna, non potrà togliercelo nessuno. Mai.

sabato 17 ottobre 2015

LONDRA: LA CITTA' DEL CALCIO.

Quando due anni fa visitai il museo del calcio di Manchester (esperienza consigliatissima a tutti) la guida ci pose una domanda che mi lasciò basito e alla quale non risposi subito; la domanda era: “Qual è la città più importante nel mondo del calcio?.
Questa è una delle classiche “belle domande” perché se Milano è l’unica che puo’ vantare due squadre vincitrici di almeno una Champions League (in totale ben 10), i madrileni sono gli unici che possono affermare di aver visto un derby in finale della massima competizione continentale(ma tanto noi teniamo per il Rayo), e che dire di Buenos Aires? La città dove si tiene il derby più “caldo” e romantico al mondo, oppure  la stessa Manchester che può reclamare un posto grazie alla storia (e ai soldi) dello United e al petrolio del City.
Ecco, come vedete le città sono molte anche se eliminiamo a priori un gran numero di città degne di nota (da Rio fino a Belgrado passando per Torino); ora vi chiederete quale tra quelle prima citate ho scelto…  Bhe nessuna, perché ho deciso di scegliere Londra.
Se siete tifosi e appassionati di calcio “di facciata” penserete che la scelta sia derivata dalla moltitudine di stelle che splendono ogni domenica pomeriggio nei campi della città più popolosa della EU; ed invece ho scelto Londra perché ha un gran numero di squadre che hanno prima dei soldi una tradizione che è fuori dalla portata di molte squadre ben più blasonate.
Partiamo da un fatto, la storia delle squadre londinesi si comprende bene solo se si capisce bene dove siano collocate sul suolo comunale, ecco perché dividerò le 14 squadre inglesi (nelle prime 4 divisioni) non per blasone o trofei ma per quartiere di appartenenza; pronti? Andiamo!

 
North London Derby: Arsenal-Tottenham.                                                  
Iniziamo subito con un uno dei piatti “forti” che Londra può offrirci, il derby più antico e sicuramente quello più sentito dai londinesi (ma non dai tifosi non cittadini): Arsenal-Tottenham.
Iniziamo col dire che questo non è un derby “di nascita” infatti lo è diventato; poiché l’Arsenal  solo nel 1913, con la costruzione  di Highbury, si trasferisce dal Sud al Nord di Londra, invadendo il bacino d’utenza degli Spurs.
Ma i battibecchi non finiscono qui, infatti l’Arsenal è stato fondato nel 1886 a Woolwich da un gruppo di operai dell’omonima fabbrica di esplosivi, la Royal Arsenal (da qui il soprannome “The Gunners”, i cannonieri”), quindi i Gunners possono contare su un gruppo di tifosi appartenenti al ceto medio-basso di Londra; a differenza del Tottenham che, fu costituito nel 1882 da alcuni studenti di grammatica della All Hallows Church membri dell’Hotspur Cricket Club e che è famoso per essere la squadra degli ebrei di Londra tanto da essere chiamati in senso dispregiativo “Yids” (contrazione di “yiddish”, giudei).
Quindi gli operai di Londra (con anche la comunità africana) si scontrano con gli ebrei (che spesso occupano una posizione dominante nell’economia londinese).
Insomma vi è una lotta sia territoriale ma anche (e soprattutto) una sociale.
Parere personale da mediano:  Purtroppo l’Arsenal, anche se dovrebbe essere la squadra del popolo, si è venduta facilmente l’anima abbandonando Highbury per trasferirsi in quell’ammasso di seggiolini riscaldati e negozi che la gente chiama Emirates Stadium; mentre gli Spurs sono rimasti fedeli alla tradizione e conservano tutt’ora  la loro storica tana che dall’esterno è facilmente scambiabile per un palazzo residenziale, in perfetto stile British. Tifo Tottenham.

 
East London Derby: West Ham-Millwall.
Di questo derby ho già parlato indirettamente nell’articolo sul Millwall; infatti tra tutti i derby è quello meno famoso ma senza ombra di dubbio quello più violento, dato che le due società potevano godere negli anni ’80 e ’90 degli hooligans più feroci che ci fossero in circolazione.
La rivalità era iniziata come una fiera rivalità tra una squadra di costruttori di navi ed una di operai portuali, ma ben presto  si è trasformata in aperta ostilità durante lo sciopero generale del maggio 1926 quando tutti gli operai dei Royal Docks, sulla sponda nord del Tamigi (la zona di West Ham) fecero sciopero, mentre i portuali dei Millwall Docks continuarono a lavorare. Quel conflitto tra operai in sciopero si trasferì sui campi da calcio, infiammando la rivalità tra le due squadre e dando origine all’East London Derby.
Parere personale da mediano:  OBVIOUSLY MILLWALL.

 

West London Derby: Chelsea- Fulham.
Il termine “West London Derby” raggruppa in sé diverse partite, che si possono disputare tra le varie squadre dei quartieri nella zona a ponente della capitale: il Brentford, il Chelsea, il Fulham e il Queens Park Rangers.
Ad oggi, l'incontro senza dubbio più tradizionale di questa particolare stracittadina è quello che vede opposti due team aventi le proprie sedi a pochissimi passi di distanza: il Chelsea e il Fulham.
Il Fulham è stato fondato nel 1879, è la squadra di calcio inglese più vecchia della Lega. Lo stadio Craven Cottage (25.000 spettatori) situato sulle rive del Tamigi a Royal Borough of Kensington and Chelsea, è secondo me il più suggestivo al mondo (si’ anche noi mediani abbiamo un cuore); il Fulham pero’ non ha mai goduto di un gran seguito.
Il Chelsea invece ha sonnecchiato in Premier League per gran parte della sua storia, risvegliandosi solo quando un esaltato petroliere russo ha deciso di far vincere qualcosa anche a Londra e non solo a Manchester. Anche il Chelsea come le due squadre del East di Londra poteva contare su un nutrito numero di hooligans, infatti la tifoseria del Chelsea si è costruita la fama di “tifoseria di destra”, nazionalista e talvolta razzista (l’episodio accaduto a Parigi 2 anni fa ne è la riprova).
Parere personale da mediano:  Penso abbiate capito che detesto le squadre che si creano una storia grazie ai soldi del petrolio russo o arabo, e poi… Come si fa ad non amare Craven Cottage?!

 
Spero che la tradizione delle squadre londinesi vi sia piaciuta, anche perché per noi mediani puoi avere quanti soldi o i trofei che vuoi,  ma se non hai una tradizione dietro di te , NON HAI NIENTE.

lunedì 12 ottobre 2015

QUANDO I SOLDI NON SONO TUTTO: RAYO VALLECANO


Ci sono squadre che giocano per vincere trofei, altre per mere questioni economiche ed altre invece che giocano per un ideale; oggi parlerò di una squadra e di una società che vince per veicolare un messaggio, un pensiero, una filosofia di vita: oggi parlo del Rayo Vallecano.
Se sei la terza squadra di Madrid insieme al Real e all'Atletico sai principalmente due cose: che i tuoi tifosi dovranno verosimilmente perdere ogni anno non uno (e fa già male) ma due derby, la seconda è che dovrai faticare anche solo per far conoscere il tuo nome, ma in questo caso il Rayo (fulmine in spagnolo) può contare sul quartiere proletario di Madrid: Vallecas, da cui viene il nome della squadra.
Questo è uno di quei casi in cui se si conosce il quartiere o la città di origine si conosce anche la squadra; perchè in questo caso la squadra è la continuazione fisiologica di Vallecas; quelli stessi operai e impiegati che durante la settimana pensano a mandare avanti Madrid la domenica riempiono il "Campo de Fútbol de Vallecas", facendolo diventare una bolgia bianco-rossa nonostante i soli 15000 posti a sedere.
Ma quei tifosi li sono un pò particolari; si chiamano i Bukaneros, prendono il nome dalla tipica battaglia navale tenuta ogni anno nel quartiere di Vallecas (dove la spiaggia più vicina è a 400 km, ma l'ho detto che sono strani, no?), anche se a parte lo strano nome sono famosi anche per un'altra cosa: sono una delle tifoserie più a sinistra del panorama calcistico internazionale: antifascisti  e lottano costantemente contro il calcio moderno, di cui hanno la reincarnazione a pochi kilometri verso nord... il Real Madrid.
Ma forse non mi credete che in quello strano quartiere sono così orgogliosi di questa squadretta; e per convincervi vi racconto un gol, uno solo, il più importante:

È il 13 maggio 2012, è l'ultima giornata della Liga e lo stadio di Vallecas è stracolmo in ogni ordine di posto, ma mentre nel centro di Madrid la borghesia festeggia il titolo, qui a Vallecas il Rayo è impantanato in una situazione molto pericolosa, servono tre punti per salvarsi e il cronometro ha già digitato il numero 90; siamo nei minuti di recupero, 0a0 contro il Granada e il Rayo ha un calcio d'angolo a disposizione; salgono tutti (compreso l'estremo difensore) tanto ormai le cose da perdere sono finite.
La retroguardia del Granada spazza via il pallone ma i difensori madrileni recuperano lestamente la sfera e la buttano in mezzo, Michu la impatta d'istinto ma colpisce la traversa; il pallone rimane lì e Raul Tamudo se la trova sulla capoccia, deve solo rimanere in piedi, immobile e sarà gol.... Lui rimane immobile e il pallone si insacca; dopo qualche frazione di secondo di assoluto silenzio la curva dei Bukaneros esplode in un boato degno di un Concorde ed entrano a migliaia sul campo da gioco (anche se mancano ancora 2 minuti); questa invasione se pur pacifica darebbe la possibilità al Granada di rigiocare la partita, ma essendo ormai già salvi non sfruttano l'occasione, e poi diciamoci la verità... Non sarà piaciuto anche a loro partecipare a quei minuti di sterminata gioia mista a follia?
Dopo questa piccola descrizione del gol-salvezza del 2012 credo di aver risposto alla domanda di prima e dato che voglio mettervi alla prova ve ne faccio un’altra: se nella vostra vita andrete mai a Madrid, cosa andrete a vedere? Gli scarpini super fighi di CR7?, i capelli d'ultima moda di Griezmann? Oppure entrerete nello stadio di Vallecas e di sfuggita guarderete dritto davanti a voi, per leggere la scritta che sovrasta il muro posto dietro l’altra porta, dove tribune non ce ne sono?
E mi direte (giustamente) 1000 km per vedere un muro? Ma cosa c'è scritto su quel muro? Ecco; questa è la domanda conclusiva, e vi rispondo che la frase pitturata sul muro è “JUNTOS PODEMOS” (uniti possiamo); quello è (secondo me)  il riassunto di Vallecas, perchè da quelle parti, nel barrio, nel cuore operaio di Madrid, conoscono solo un modo per fare le cose: aiutandosi l’uno con l’altro come MEDIANI.
In conclusione voglio dire che essere del Rayo, a Madrid, non è facile. Ma deve essere bellissimo, perchè i milioni del Real o e dell’Atletico, loro, non li hanno. Ma hanno l’orgoglio, quello vero. Un particolare che, anche nel calcio moderno, può contare ancora di più, può far vincere le partite e decidere i campionati. Non saranno coppe, non saranno titoli. Ma a Vallecas, una salvezza vale più di ogni altra cosa. A Vallecas una salvezza vale l’orgoglio di un popolo intero.

giovedì 8 ottobre 2015

FRANCESCO MAGNANELLI: QUANDO L'AMORE PER LA MAGLIA VA OLTRE LA FAMA.

Il capitano

Se fosse per noi mediani rimarremmo nella stessa squadra dall’inizio alla fine della nostra carriera, ma come abbiamo imparato, nel mondo pallonaro di oggi esiste un mostro che negli anni ha divorato sempre più soldi e ha rotto più cuori di quanti ne rompa la Friendzone; stiamo parlando del Calciomercato, il periodo dell’anno in cui i giocatori diventano oggetti più o meno costosi che hanno alle loro spalle un andamento più o meno borsistico della loro quotazione.
Sempre più volte inoltre abbiamo dovuto sottostare a strani e loschi giri di denaro, non sempre limpido come l’acqua. Ma c’è un giocatore (come tanti altri) che si è chiamato fuori da questo scempio, e scommetto che pochi sanno il suo nome, ma ci provo ugualmente…Francesco Magnanelli.
Forse voi non lo conoscerete ma  a Sassuolo sicuramente sanno chi sia. Oggi vi vorrei proporre la sua storia, anche perché nel calcio “moderno” penso sia sempre più difficile trovare dei giocatori legati ad una squadra (come già detto prima), disposti ad accompagnarla nelle buone e nelle cattive situazioni.
Da dodici anni a questa parte Francesco ha sposato la causa del Sassuolo, allora, nel 2005 quando tutto è cominciato, era C2, ora è Serie A.
Magnanelli è l’unico giocatore nella storia del Sassuolo ed uno dei pochi in Italia ad aver militato con la STESSA squadra in serie C2, C1,B ed A; la sua fantastica carriera con gli Emiliani iniziò nella stagione 2005-2006, dopo un lungo girovagare in squadre del centro-nord Italia.
Il suo primo anno a Sassuolo è da incorniciare, il calciatore umbro gioca la stragrande maggior parte delle partite, centrando al primo anno utile la promozione in C1, ma è solo l’inizio, l’anno successivo si rinnova il suo posto di titolare nel ruolo di mediano (cosa vi aspettavate?!) che sarà rinnovato per i successivi 10 anni.
Di cose ne sono successe, di acqua ne è passata sotto i ponti. In realtà per Francesco è come se non fosse cambiato proprio nulla, lui è lì in mezzo al campo a giocare il suo rozzo, brutto e romanticissimo calcio, al suo ritmo che spesso non coincide con quello indemoniato di compagni ed avversari. Ma cosa volete di più se non un fedele capitano di mille avventure ?
Ancora oggi Francesco calpesta, da titolare, i campi di serie A con la maglia del Sassuolo, chissà cosa gli riserverà il futuro, magari dopo l’esordio in Serie A a 29 anni, potrebbe anche centrare la prima, storica qualificazione in Europa League?!
Noi ci speriamo e vorremmo tanto vedere un calciatore che porta una squadra dalla C2 all’Europa; sudando e faticando sempre per la stessa maglia ,orta che spot migliore per il “buon vecchio calcio di provincia?”.
Francesco è ormai la bandiera della squadra, capitano a cui tutti si rivolgono nei momenti di difficoltà ed icona del “buon calcio di provincia”.

mercoledì 7 ottobre 2015

RIALZARSI DALLE CENERI E NON MOLLARE MAI: CATANIA


Oggi vi racconterà (poi spiegherò chi) la storia recente della squadra che si è
macchiata del più becero crimine possibile in ambito calcistico: la compra-vendita di partite.
Direte voi... Non dovrebbero essere neanche più presenti sulla cartina delle squadre italiane professionistiche e non; molto probabilmente avreteste ragione voi, ma è anche vero che hanno allonatanato le mele marce e sono pronti a riportare una delle realtà calcistiche più fiorenti del sud nel posto che merita. Allora, siete disposti ad ascoltarlo?
Ascoltare chi? Bhe, questo è il primo articolo non scritto da me, ma da un mio amico, che si chiama proprio Pulvirenti (come l'infame presidente), ma che vive un calcio diverso, un calcio vero, un calcio pulito, IL NOSTRO CALCIO.

19 maggio 2013,Torino. I rossazzurri pareggiano 2-2 contro il Torino, guidati da Maran. La squadra si attesta all’ottavo posto, segnando il proprio record storico di punti: 56. Chi avrebbe mai detto che dal quel giorno di primavera il Catania non sarebbe stato più stato tra le prime 10 squadre di Serie A? Negli anni precedenti, fin dal 2009, si creò ai piedi dell’Etna una “comunità” argentina, guidata dai famosi Bergessio, Maxi Lopez, Gomez (solo pochi tra i tanti giocatori sudamericani) e dagli “storici” giocatori, icone intramontabili del calcio cittadino, come Giuseppe Mascara che fecero sognare agli Etnei il pass per l’Europa League. Eppure l’anno successivo la squadra non riesce a partire bene, perdendo le prime tre partite. Dopo un’inutile vittoria 2-0 contro il Chievo , si torna a perdere e dopo i 90’ disputati a Cagliari, l’allenatore Maran viene esonerato (vittoria 2-1 per i Sardi). Al suo posto arriva Luigi De Canio, anch’egli esonerato poi a gennaio. Dopo questa brutta stagione ed il cambio di altri due allenatori, il Catania viene retrocesso in Serie B da terz’ultimo con 32 punti. La stagione successiva ,2014-2015, la squadra è radicalmente cambiata, quasi tutti gli Argentini del grande Catania di sole due stagioni prima , se ne sono andati. Anche questo campionato si rivelerà negativo per il Catania ( terz’ultimo all’inizio del girone di ritorno) , cambiando quattro diversi allenatori. Grazie a cinque vittorie consecutive nelle ultime dieci partite la squadra riesce a salvarsi rimanendo nella lega cadetta italiana. Ma il 23 giugno 2015 scoppia un nuovo scandalo di calcioscommesse. La società ,per salvare il posto in Serie B, avrebbe comprato alcune partite. I dirigenti Pulvirenti(presidente), Cosentino (amministratore delegato) e Delli Carri (ex d.s.) vengono indagati dalla Procura di Catania nell’inchiesta denominata “i treni del gol”. Il 20 agosto 2015, il Catania Calcio viene retrocesso in Lega Pro con 12 punti di penalizzazione ( diventati poi 9) e Pulvirenti e Cosentino vengono inibiti per 5 e 4 anni, oltre a dover pagare una multa di qualche centinaio di migliaia di euro.
La nuova dirigenza (Pitino-Bonanno) sfoltisce totalmente la rosa fatta eccezione per sei giocatori. Il nuovo allenatore è Giuseppe Pancaro. Lo sponsor tecnico Macron è subentrato dopo cinque anni di Givova. La squadra è composta totalmente da giocatori italiani, gli unici stranieri sono Piermateri (Argentina), Ramos (Uruguay),Calil (Brasile) e Barišič (Serbia). La squadra sembra comunque rinata anche sotto la prestazione in campo. Era da più di dieci anni che il Catania non faceva un inizio di stagione così fulminante: undici punti nelle prime cinque partite. Se non avessero ricevuto nove punti di penalizzazione gli Etnei sarebbero in testa al girone C, a pari punti della Casertana. Dopo un inizio come questo ed il ritrovo di nuovi pupilli per i tifosi ( Fabio Scarsella è il secondo cannoniere con tre reti) bisogna stare più vicini alla squadra. Sono molti i “gufi” palermitani che speravano e credono ancora che i rossazzurri andranno in Serie D, vedrete che li azzittiremo: Il campionato è ancora lungo, io sono con la squadra…e voi?!
 

lunedì 5 ottobre 2015

LA PAGELLA DEL MEDIANO DI ROTTURA. (7° giornata)

Tifosi viola in festa.

ATALANTA: 5,5. Andare sotto dopo 5’, con l’uomo in meno in casa della capolista, che nel turno precedente ha sbranato l’Inter a San Siro; non è facile per nessuno, e allora gli orobici che fanno ? Fanno quello che sanno fare meglio, 15 falli, 2 cartellini gialli e tante, tantissime sparecchiate; un racchettapalle del Franchi giura di aver sentito Sportiello urlare a Masiello :”Difendiamo il 3 a 0”. GIUDICATE VOI

BOLOGNA: 5. Per il Bologna faccio il discorso inverso a quello fatto per l’Atalanta, parte molto bene e dopo il 5’ è già in vantaggio con il gol di Mounier; a quel punto ogni squadra neopromossa che si rispetti passa gli ulteriori 85’ più recupero in totale agonia sventando gol già fatti; ed invece decidono di “giocarsela” (lo testimonia il dato dei passaggi precisi: 77%... Dannatamente troppi) e cosi’ perdono quei punticini (o un punticino) che faceva tanto comodo. TU VO FA’ L’AMERICANO

CARPI: 5,5. Come posso dare l’insufficienza ad una squadra che porta a casa la prima vittoria in serie A della sua storia? Facile, il Carpi giovedi’ scorso ha esonerato (!!!) l’uomo che fatto la storia di questa società dopo che aveva traghettato la squadra in un inizio di stagione diabolico per la qualità delle squadre incontrate, e nonostante cio’ aveva raccolto i suoi 2 punticini belli, belli. SEMPRE CON CASTORI

CHIEVO: 6. Bhe, ormai il magico Chievo non è più una sorpresa; domina il derby più bello del mondo dove riesce ad acciuffare(meritatamente) il pareggio al 84’, sale a 12 punti e insegue l’Europa a -1 dopo 7 giornate. WHAT ELSE?
EMPOLI:6,5. Alzi la mano chi il 20 agosto dava l’Empoli già in B, tanti alzeranno la mano e anche io qualche sospetto su Giampaolo e su BigMac ce l’avevo, ed invece i toscani si dimostrano squadra coesa e che fa quadrato anche contro grosse difficoltà e squadre con tasso tecnico maggiore. MAI DUBITARE DI BIGMAC

FIORENTINA: 7,5. E’ dai tempi di Batistuta che Firenze non si addormentava capolista solitaria che sia l’anno buono per i Viola? Oltre tutto a differenza di tutte le altre big è l’unica che ha gioco, spettacolo e la miglior difesa d’Italia (dato che per esempio il Napoli sogna da 5 anni) . L’unico problema? In queste condizioni, la sosta non ci voleva proprio... E, dopo, appuntamento con il Napoli; domenica 18 alle 3 non prendete impegni al San Paolo ci divertiremo. PARADISO VIOLA

FROSINONE: 5,5. Gara onesta dei ciociari all’Olimpico, per buona parte del secondo tempo sono padroni del campo e nel primo si chiudono in barricata per non subire la freschezza delle punte laziali; la tattica funziona a metà perché (purtroppo) vengono infilati da un rinato Keita Balde al 80’, e al 95’ arriva da pietra tombale sulla partita firmata da Djordjevic. BUONA PROVA

GENOA:5,5.  Ad Udine arriva una prestazione contrastante dei Grifoni che sono padroni del campo per tutta la partita, ma che troppo facilmente si lasciano penetrare dallo scaltro (ed infinito) Toto’ Di Natale. Il gioco c’è ma la classifica piange: 7 punti in 7 partite. GRIFONE INIZI A VOLARE?

INTER:6.  I nerazzurri mettono insieme un punto prezioso a Marassi, dopo aver concesso un gol alla Sampdoria e regalato almeno altre due palle nitide ai blucerchiati (incredibile quella che si è divorato Correa). Vale più o meno il discorso inverso a quello del Genoa, la classifica sorride forse più di quanto dovrebbe ma il gioco continua ad essere singhiozzante; e dopo la pausa c’è il derby d’Italia. URGONO CAMBIAMENTI

 
JUVENTUS: 6,5. Che sia già tornata la padrona dell’ultimo lustro di calcio italiano? Forse è presto per dirlo ma la prestazione di Torino è parsa per 85’ molto convincente; rimane un altro interrogativo: il gol preso a freddo si può recuperare con il Bologna, ma con una Big?. URGONO RIPOSTE (E PUNTI)

 

LAZIO:6. Vince di due gol col Frosinone in casa e questo dato potrebbe far sorridere i tifosi laziali, ma chi invece ha visto la partita sa’ che la strada è ancora lunga e tortuosa;  infatti gli aquilotti sono sembrati lenti e impacciati, forse  notevolmente appesantiti dall’impegno in Europa League. Anche in questo caso i punti ci sono ma per convincere appieno conviene ripassare più avanti. 3 PUNTI MESSI IN SACCOCCIA.

 
MILAN:3. Rodrigo Ely e Cristian Zapata titolari in un Big match di una squadra che ha vinto 7 Champions?! STENDIAMO UN VELO PIETOSO.

 
NAPOLI:8.  Quinta vittoria nelle ultime sei uscite complessive con 18 gol fatti e uno solo subito. Dietro la riscossa dei partenopei, che umiliano il Milan in casa, c’è tutto il buonsenso di Sarri. Che, in poche settimane, ha già modificato quanto basta l’assetto tattico dei partenopei per far rendere al meglio ,cosa che il predecessore aveva ignorato per due anni (leggasi sistemare la difesa a dovere). Ma altre a Sarri bisogna rendere merito ad un tridente offensivo esplosivo e di un gioco spettacolare come pochi in Italia. CHAPEAU.

 
PALERMO:5. Una delle poche uscite della squadra di Iachini in cui la difesa soffre dall’inizio alla fine; merito del Roma direte, anche se è una costante che va avanti già da qualche gara. Forse il bravissimo Giancarlo Gonzalez dovrebbe pensare più a difendere che a far gol (e farmi bestemmiare perché sono due gol che fa e io lo metto sistematicamente in tribuna al Fantacalcio). MENO GOL PIU’ SPAZZATE.

 
ROMA:7. Sono due anni che appena la Roma fa una vittoria super convincente come quella di ieri a Trigoria già sentono alle orecchie compulsivamente la parola “scudetto”. Forse dovrebbero guardare la loro difesa che ha rischiato il rimontone dal 3 a 0, prima di essere salvata dal fedelissimo di Garcia (Gervinho).NON DIRE GATTO SE NON CE L’HAI NEL SACCO.

 
SAMPDORIA:6,5. Ottima partita quella della Samp a Marassi, fa un gol e rischia più il volte di andare sul 2 a 0 contro la squadra che fino a 2 settimane fa era imbattibile, peccato che dal 60’ in poi l’Inter sale in cattedra e dopo aver trovato la rete del pareggio sfiora più volte il sorpasso. Nel complesso comunque una buonissima prova.  VOGLIAMO ZENGA DA VARIALE

 
SASSUOLO:5. Si poteva considerare una prova di maturità la partita di ieri del Sassuolo; prova miseramente persa, non entrano mai in partita e cercano continuamente di fare schemi difficili ed intricati (quelli che noi mediani odiamo) per arrivare alla parta dell’Empoli. RIMANDATI

 
TORINO: 5,5. Vale più o meno il discorso fatto per il Sassuolo, solo che loro per buona parte della partita sembrano più in palla degli emiliani, ma il Carpi ha da fornire prove convincenti ad una giuria (la Lega) che li vorrebbe in Serie b già da 2-3 settimane, ed alla fine vince la convinzione contro  il gioco (e menomale).TORNERANNO

 
UDINESE:6. Pareggiano una partita proprio come piace a noi, buttando il cuore oltre l’ostacolo e contro il 68% di possesso palla avversario; arrivano a metà del secondo tempo avanti di un gol non sapendo neanche loro come, alla fine pareggiano; ma a noi come sapete bene… BASTA QUELLO

VERONA:6. Il derby più bello del mondo è una partita strana ed infatti succede che la squadra storica della città (che si fregia anche di uno scudetto) sia costretta ad attanagliarsi in difesa contro la contrada contadina della città; ma alla fine sono i contadini ad accontentarsi di un pareggio. Per ora va bene cosi’, un pareggio che non ferisce nessuno, ma io sono sicuro che al ritorno con una classifica diversa assisteremo ad un’altra partita. CI VEDIAMO A MARZO.

  

domenica 4 ottobre 2015

IL MIO GRASSO, PAZZO PORTIERE CAMPANO.


Quando entrerete in uno spogliatoio di qualunque squadra in qualunque paese distinguerete dalla marmaglia di pazzi scatenati un ragazzo silenzioso e tranquillo che sta seduto a togliersi i guantoni; quello è il portiere, un ragazzo pacifico e riflessivo che passa i suoi 90' tra se e se, interpellato solo quando c'è da piazzare la barriera... Ed invece no, oggi vi parlerò di un portiere che faceva esattamente l'opposto di quello che fa un portiere; oggi vi parlo di Sasà Soviero.
Forse quei 40 secondi di inno alla fratellanza umana che Soviero ha recapitato al guardialinee in un tranquillo Brescia-Genoa (dove il nostro eroe difendeva la porta del Grifone) sono ormai parte integrante della letteratura italiana, ma non molti conoscono di Soviero il lato "buono"  ovvero il perchè di quelle escalation di offese, violenze verbali (e non) che l'hanno reso tanto famoso: il suo sfrenato, incontrollabile, desiderio di difendere la porta contro tutto e tutti, con la visceralità che solo lui sa’ dare.
Ma forse non è tutto, anzi, sicuramente non lo è; Sasà prima ancora che la porta difende la dignità della squadra; come quella volta che gli sventurati panchinari del Messina dissero a lui e a tutto il Venezia: -ma chi ti fa dannare l'anima così? Tanto siete già in serie C- Ecco, in quei momenti il cuore di Soviero smette di pompare sangue al cervello ed esce fuori il Soviero versione Karate Kid che prende a sberle tutto il Messina.
Giusto o sbagliato questo è Soviero e io lo amo così com'è; messo nell'elenco dei cattivi dai moralisti che intanto si vendevano le partite e additato dalla Lega che intanto pensava a guadagnare più che poteva sulla nostra pelle; lo giudicavano un “cavallo pazzo” solo perché era uno che anteponeva il suo pensiero ai soldi, uno che non potevi “comprare” e che non si piegava alla decisione di chi comandava; insomma anche lui era un mediano.

Giusto o sbagliato IO STO E STARÒ SEMPRE DALLA PARTE DI SOVIERO.

sabato 3 ottobre 2015

SANSOVINI, LA STORIA DEL SINDACO DI PESCARA.


Come secondo articolo vi voglio parlare del capitano della mia squadra del cuore, un campione inossidabile forte e deciso: Marco Sansovini.
Molto probabilmente se chiedessi ad un bambino tifoso del Pescara quale sia il suo giocatore preferito che abbia mai vestito la maglia del Pescara risponderebbe uno dei tre “dell’avemaria”; è superfluo dire chi siano questi tre, poichè penso che chiunque sia, anche distrattamente, entrato in un bar abruzzese nell’ormai lontano (più calcisticamente che temporalmente) 2012 abbia sentito più volte invocare uno di questi nomi più del Padreterno durante una partita della banda Zeman.
Ecco, penso che pure io risponderei sicuro: Verratti; ma solo per un motivo, l’abruzzesività  non si può conquistare sul campo, ci si nasce; e questo per me è un grande rammarico perché credo che a livello di attaccamento alla casacca bianco-azzurra ci sia un giocatore ancora più “pescarese” di Verratti ed è Marco Sansovini.Marco Sansovini nasce a Roma il 17 giugno 1980, è una prima punta agile dotato da una grande visione ecc… Penso che sia inutile tediarvi facendo un’oggettiva analisi della carriera del Sindaco, ma sia meglio parlare  di cosa abbia fatto per essere cosi’ amato da noi adriatici.
Tutto ha inizio la nottata del 31 agosto 2007 durante quell’asta di giocatori a prezzi di saldo che è l’ultima giornata di Calciomercato; il Pescara si aggiudica un giovane attaccante in prestito annuale secco dal Grosseto, la squadra adriatica  veniva da un momento delicato della sua storia, infatti versava in cattivissime acque a livello economico e il calciatore romano era venuto per salvare il salvabile (almeno a livello sportivo).
Ed infatti Marco mette a segno 16 gol aggiudicandosi lo scettro di capocannoniere della squadra e traghetta la squadra ad un miracoloso settimo posto, ad un centimetro della zona play-off che solo sei mesi prima era un autentico miraggio; ma il Grosseto, vedendo il suo bomber far tanto bene decide di metterlo al centro del progetto nell’anno venturo in serie B, e anche li’ Marco segna i suoi 15 gol stagionali (riconquistando il titolo di capocannoniere dei maremmani).
Ed è forse qui che scocca la scintilla tra Pescara e Sansovini, infatti il bomber decide di scendere di categoria per riabbracciare il Delfino (ormai uscito dalla crisi economica); il resto della carriera biancoazzurra di Marco è sotto gli occhi di tutti, 54 gol in 160 partite che ne fanno il miglior marcatore all-time del Pescara e un legame strettissimo con la città adriatica; ma di tutti gol, giocate, partite, stagioni, prestazioni che voglio ricordare c’è soprattutto il comportamento avuto dall’attaccante nella stagione “magica” 2011-2012 dove nel pieno della carriera ha accettato un ruolo di chioccia per Insigne e Immobile per il bene della squadra e del gioco.
Io sono fermamente convinto che quell’atteggiamento valga più dei gol e degli assist che ci ha regalato, e racconti Marco più della cronistica dei campionati che ha disputato, perché in questo caso la storia è bugiarda, non aver visto Marco con la casacca biancoazzurra in Serie A è un “falso storico” su cui forse la dirigenza sgangerata affidata a Delli Carri dovrebbe ragionare; per alcuni  l’ultimo treno utile  per scongiurare questa mancanza si è fermato alla stazione di Bologna nel giugno scorso, più precisamente al 90esimo del secondo tempo; ma non ci credo, NON CI VOGLIO CREDERE… Il SINDACO CI (RI)PORTERA’ IN SERIE A!!!!!!

MILLWALL, ORGOGLIO OPERAIO DEL SUD DI LONDRA.



Esultanza dei Millwall Bushwackers  dopo un gol contro l'odiato West Ham, con un povero Hammer che si chiede dove sia finito. (partita poi persa, si sa il calcio non va sempre come diciamo noi).
Non sempre vincere è l’unica cosa che conta o quella più importante, non sempre avere giocatori forti è importante, non sempre avere una bacheca trofei piena è importante; non ne siete convinti? Chiedete ai  Millwall Bushwackers…
Il Millwall è una delle innumerevoli squadre londinesi spuntate come funghi tra la fine dell’800 e  gli inizi dell’900, e come la stragrande maggioranza di esse nasce come dopo-lavoro, ma non di una ditta inglese bensi’  di una scozzese, che aveva deciso di sfruttare la sponda sud del Tamigi per aprire una fabbrica; quindi non c’è da stupirsi se il gruppo originario di tifosi del club fosse scozzese ed ecco anche spiegato il perché dei colori blu e bianco, che  riprendono dalla “ St. Andrew's Cross”.
Anche se nella sua lunghissima storia i “Dockers” (scaricatori di porto) non hanno mai vinto nulla godono di una fama che va ben oltre i confini dell’Est End londinese; infatti gran parte della fama di questo club non viene dai giocatori o dai risultati sportivi ma dai loro hooligans che sono considerati insieme ai cugini-nemici dell’West Ham i più pericolosi e cattivi d’Inghilterra; i Millwall Bushwackers.
Questo nome lo devono ai Bushwackers, un gruppo di soldati americani che durante la guerra civile erano soliti tendere imboscate o comunque fare azioni più vicine alla guerriglia che alla guerra vera e propria; e questo già da’ un idea di quello che hanno combinato a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 dove hanno letteralmente mandato in tilt Londra, la Metropolitan Police Service e il governo inglese, costringendo la Thatcher a emanare l’editto che poso’ la pietra tombale sul vecchio calcio inglese.
Nel 2004 un singhiozzo di fama calcistica quando incredibilmente raggiunse la finale di FA Cup (che perse con il Manchester United)  e per questo si qualifico’ alla Coppa UEFA, ma il Millwall non era abituato a certi palcoscenici e perse subito contro gli ungheresi  del Ferencváros; forse però è stato meglio cosi’, il Millwall deve essere una cosa per pochi, deve essere per quelli a cui non importa un dannatissimo trofeo ma importa la storia e la passione che quel club sa dare… Per mediani insomma, perché forse al The Den non vedrete mai uno scatto fulminante  palla al piede di Hazard o un gol in rovesciata di Benteke, ma potreste sentire quei rimanenti 20000 Dockers che cantano tutti insieme…

 
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no one likes us,
no one likes us,
we don't care!
we are Millwall,
super Millwall,
we are Millwall from the Den! »

venerdì 2 ottobre 2015

PERCHE’ UNA VITA DA MEDIANO?

Gary Medel, il mio giocatore preferito
Semplice, perché è il miglior modo di vivere. Per la verità avevo già da tempo iniziato a pensare all’apertura di un blog con pagina annessa su Facebook , ma avendo la scuola tra i piedi non avevo mai fatto il grande passo.
Ma oggi mi sono deciso  e spero che qualcuno voglia intrattenersi con me parlando di questi grandi uomini a metà tra centrocampisti rubapalloni e difensori spacca-spazza  che sono i mediani ( e anche dell’ignoranza calcistica più ampia).

Ma voi mi direte: perché proprio il mediano ? Bhe, perché per me essere un mediano è uno stile di vita, perché io vedo nel mediano la figura  dell’operaio che salva il mondo dall’oblio ogni giorno, come fanno i loro affini in campo che spazzano una palla che balla pericolosamente in aria di rigore al 90esimo; vedo anche la volontà di lottare per un bene comune e poi pero’ dopo essersi ammazzati di lavoro vedere qualcuno che capitalizza e si prende i meriti al posto tuo, e nonostante ciò continuare a portare avanti la baracca; ecco cosa è per me essere un mediano, sei dei nostri?